Onorevoli Colleghi! - L'approvazione della legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, legge 14 agosto 1991, n. 281, ha rappresentato un importante passo in avanti per l'affermazione di un più civile rapporto tra le persone e gli animali, ma essa, pur essendosi rivelata valida nell'impianto e nei princìpi, non risulta ad oggi sufficiente nell'attuazione pratica.
      Dopo oltre quindici anni di esperienza applicativa occorre riconoscere che molti degli obiettivi indicati dalla legge non sono stati conseguiti. Ciò non soltanto per l'inadeguato impegno di alcune regioni e di molti enti locali, ma anche per le carenze della stessa legislazione. In particolare, le leggi regionali di attuazione cui la legge rinvia sono quasi sempre rimaste inapplicate o sono comunque risultate insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, come, ad esempio, l'adozione di tutti i cani vaganti e di quelli detenuti nei canili e il contrasto al randagismo, non avendo trovato piena attuazione i piani di sterilizzazione e non essendo stata realizzata un'efficiente e collegata anagrafe canina.
      Il ritardo accumulato per le carenze normative della legge n. 281 del 1991 ha aggravato una situazione che in diverse zone d'Italia è ormai allarmante: canili pubblici e privati sovraffollati, adozioni e acquisti effettuati senza le necessarie attenzioni e, quindi, continua alimentazione degli abbandoni, favoriti anche da una generale difficoltà di accesso nei luoghi pubblici con un cane.
      Nonostante le modifiche legislative e l'inasprimento delle pene per il reato di maltrattamento di animali, sui cani abbandonati si è innestato un giro di affari di circa 500 milioni di euro; molti privati, infatti, hanno siglato convenzioni milionarie con le amministrazioni locali, convenzioni aggiudicate spesso con i ribassi d'asta, alle quali corrispondono strutture fatiscenti. Dal monitoraggio effettuato da alcune associazioni animaliste risulta che la stragrande maggioranza dei canili sul territorio nazionale sono sovraffollati, privi delle condizioni igienico-sanitarie minime, i cani sono malnutriti, privi di assistenza veterinaria e spesso vittime di maltrattamenti.
      Per tutti questi motivi si ritiene urgente e necessario integrare e modificare la legge n. 281 del 1991 e, per una più efficace applicazione, disciplinare già a livello di legge quadro:

          1) strumenti che incentivino l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà;

          2) le caratteristiche minime delle strutture dei canili;

          3) l'istituzione ex novo di strutture di accoglienza intermedie come le case famiglia per cani;

          4) la promozione di una cultura zoofila attraverso la responsabilizzazione dei proprietari;

          5) l'ampliamento delle possibilità di accesso con i cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato;

          6) sanzioni più severe per i trasgressori;

          7) strumenti per la sensibilizzazione dei proprietari riguardo alla sterilizzazione dei propri animali.

      Solo agendo con politiche integrate è possibile aggredire un fenomeno che stenta a ridursi; per questo, oltre all'importante funzione di un'anagrafe canina e di campagne di sterilizzazione più efficaci, determinanti risultano essere, per il contrasto del randagismo, l'istituzione di case

 

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famiglia per cani e il libretto d'identità per l'amico a quattro zampe.
      La proposta d'istituire una struttura di accoglienza intermedia - una via di mezzo fra l'istituzione canile e il semplice privato cittadino - denominata «casa famiglia per cani», nasce dall'esigenza di disincentivare il ricorso ai canili, in virtù anche del limite massimo di 200 cani a struttura, che la presente proposta di legge prevede. Occorre incentivare la adozioni e le case famiglia per cani, che rappresentano la soluzione ideale sia in termini di flessibilità, perché si amplierebbero le possibilità allocative dei randagi senza però eccessivi vincoli per le famiglie ospitanti, sia in termini di economicità, perché si consentirebbe un enorme risparmio per lo Stato, che eviterebbe di gestire costosissimi e «kafkiani» canili, molto spesso veri e propri lager.
      Incentivando singoli e famiglie, con buoni sconto per i pasti e servizi veterinari gratuiti, ad adottare cani abbandonati, destinati ai canili, si ha il doppio vantaggio di favorire un maggiore risparmio per lo Stato e di dare una risposta più efficace alla domanda di cura del randagio, che verrebbe inserito in un contesto più a dimensione di animale.
      Proprio sul tema del sovraffollamento si è pronunciata di recente la Corte di cassazione che ha stabilito che «il fatto di avere custoditi i cani in condizioni di eccessivo sovraffollamento in box particolarmente angusti integra il reato di cui all'articolo 727 del codice penale».
      Inoltre, per la Cassazione, «se si percepiscono soldi pubblici per la custodia degli animali, le condizioni di detenzione devono essere particolarmente accurate».
      L'ulteriore proposta di prevedere un documento d'identità all'atto dell'iscrizione all'anagrafe canina con tutte le informazioni necessarie per una corretta detenzione del proprio animale, i diritti e i doveri dei proprietari, che deve essere consegnato all'atto della registrazione e comunque dell'acquisto o adozione, nasce dalla duplice esigenza di responsabilizzare i proprietari e disincentivare l'acquisto emotivo. È ormai ampiamente confermato che alla base degli abbandoni vi è la correlazione fra la scarsa empatia delle esigenze di un cane e l'acquisto impulsivo. Secondo alcune stime una famiglia italiana su due convive con un animale domestico, oltre una su tre con un cane o un gatto. Il rapporto con gli animali domestici è però in gran parte improntato sull'improvvisazione, sul distorto principio che qualsiasi persona, a prescindere dalle proprie caratteristiche e dalla propria preparazione, può avere con sé qualsiasi animale. Il positivo grande aumento della sensibilità nei confronti degli animali, registrato in questi ultimi quindici anni, solo in piccola parte è andato di pari passo con la consapevolezza della necessità di essere informati e preparati sui doveri e i diritti di cui si dispone per la compagnia di un cane o di un gatto. Occorre che accanto alla decisione di possedere un cane vi sia una piena consapevolezza dei diritti dell'animale, dei suoi bisogni di cura e di affetto, e dei doveri, pubblici e privati, dei proprietari.
      Infine, c'è il non meno importante capitolo della controversa situazione legislativa relativa all'accesso degli animali di affezione nei luoghi pubblici. L'Associazione nazionale dei comuni italiani ha di recente ribadito che vietare l'ingresso ai cani nei locali pubblici e, quindi, negli esercizi commerciali, è illegale. Infatti, il regolamento di polizia veterinaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, ammette l'accesso dei cani nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto, purché siano condotti con museruola e al guinzaglio. I cani possono accedere senza problemi ovunque, fatta eccezione per i negozi di generi alimentari, basti pensare agli ormai numerosi programmi di pet therapy che prevedono l'ingresso degli animali anche negli ospedali. Nella realtà, in contrasto evidente con il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, sono state emanate diverse leggi regionali e ordinanze comunali per mezzo delle quali si lascia libero il gestore di una struttura privata di decidere
 

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se fare entrare o meno gli animali nel suo locale. Ma ultimamente si è affermata la tendenza di vietare del tutto l'ingresso degli animali di affezione in tutti i locali pubblici, senza alcuna distinzione, e sono state previste pesanti sanzioni per coloro che non le rispettano. La presente proposta di legge intende fare chiarezza, una volta e per tutte, sulla controversa questione, vietando la possibilità di negare l'accesso a persone accompagnate dal proprio cane, non solo nei locali ed esercizi pubblici, ma anche sui mezzi di trasporto pubblico e privato.
 

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